Venerdì d’Autore con Black Coffee

  • 16 Marzo 2018
  • Blog

Vi vogliamo raccontare questo Venerdì d’Autore diverso dal solito e decisamente un po’ strano – la neve a Marzo ha obiettivamente sempre un suo perché.

Nel corso della serata, in Villa Bassani il 2 Marzo 2018, abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare Sara Reggiani e Leonardo Taiuti, i traduttori della raccolta di racconti “L’ospite d’onore” di Joy Williams e fondatori della casa editrice Black Coffee. I due, coppia tanto nella vita quanto nel lavoro, hanno intavolato, assieme a Roberta Cattano – Presidente del Club delle Accanite Lettrici e Accaniti Lettori e dell’Associazione Botta&Risposta – e Francesco Tacconi, una conversazione davvero stimolante che ci ha permesso di avvicinarci un po’ di più all’autrice della raccolta Joy Williams e al lavoro di traduttore ed editore.

Ad accogliere i due ospiti una neve insolita che, per fortuna, non ha frenato i volenterosi che hanno partecipato all’evento. A noi, comunque, non ha mai fatto paura!

Traduzione come passione, come vocazione. Un lavoro che richiede tempo, dedizione e umiltà. Soprattutto umiltà. L’umiltà di chi non ha voce ma la dà all’altro. «Non so, devi avere il carattere giusto per farlo perché è un lavoro che ti chiede di stare dietro le quinte. […] siamo al servizio di parole che altri hanno già scritto, per questo dobbiamo essere umili», ha detto Sara, parlando del lavoro di traduttore.

L’esperienza insegna. Ogni cosa, alla fine, torna. E nel lavoro di traduttore non c’è nulla da escludere. Un traduttore può essere bravissimo nella traduzione del testo ma la trascrizione di alcune attività, come lo sport, può risultare errata, ci sono contesti che richiedono un linguaggio appropriato. «Mi è capitato di dover correggere una traduzione impeccabile, dove le parti del football erano completamente sbagliate, perché chi ha tradotto non aveva idea di cosa fosse, non lo seguiva, non lo ha studiato, o non conosceva nessuno che ne sapesse qualcosa» afferma Leonardo, che ha iniziato la sua carriera traducendo riviste di fitness da ex sportivo.

E poi, il salto nel vuoto. Uno spaventoso, bellissimo salto nel vuoto. È così che Black Coffee, precedentemente collana americana di Edizioni Clichy, è diventata una casa editrice indipendente. Un’avventura che ha richiesto – e richiede tutt’ora – tempo, sacrificio ma anche tanta, tantissima passione. Un’avventura che ci ha permesso di avvicinarci alla scrittrice nordamericana Joy Williams, con “L’ospite d’onore”. Una raccolta di una quarantina di racconti, spigolosa, che fa riflettere, una raccolta impegnativa, una di quelle che alla fine di ogni racconto getteresti il libro fuori dalla finestra, che poi torni però ad aprire per sottolineare una frase o una parola che ha la forza di una lampo di luce che illumina un istante di verità. E questo a noi è piaciuto tantissimo!

Abbiamo chiesto, poi, a Sara e Leonardo, com’è andata con l’autrice – in genere sono in contatto con gli autori che traducono proprio per avvicinarsi di più al testo e interpretarlo al meglio. E… Be’, non è andata esattamente come previsto. «Lei è proprio un’eremita, non ha il telefono, non ha il computer, comunica solo via fax, gira con il furgoncino e i due pastori tedeschi nei vari college per insegnare l’arte della forma breve. Era impossibile parlarci. Tante volte abbiamo chiesto all’agente di poterla contattare e semplicemente non era possibile. Abbiamo quindi cercato di rispettare il più possibile quello che avevamo sulla pagina» ha raccontato Sara. La difficoltà della traduzione dei suoi racconti, in particolare, stava proprio nei finali delle storie, che spesso lasciano a bocca aperta alla ricerca di un’interpretazione, di un particolare in grado di rendere evidente la conclusione. Vi lasciamo qui di seguito l’esempio che, durante la serata, ha riportato Leonardo. Magari farà riflettere anche voi!

«Non sarebbe più stato come l’ultima volta, quando aveva appreso della morte di Harry, per quanto dentro di sé sapesse che il passato altro non era che il presente nel futuro cui apparteneva.» (Dal racconto “Marabù”)

Si è parlato, poi, di letteratura consolatoria. Ad introdurre l’argomento ci ha pensato Francesco Tacconi, ponendo la domanda: «Come scegliete i testi e cosa ne pensate di questa letteratura consolatoria – quella letteratura i cui finali mettono in pace?». La selezione è molto semplice: Sara e Leonardo si recano ogni anno in America, ai festival di editoria indipendente, parlano con gli autori, con gli americani e spesso sono proprio loro a consigliare gli autori che al momento descrivono meglio l’America di oggi. Il libro, d’altra parte, deve interessare subito. «Noi cerchiamo, si inizia a leggere, se dopo una cinquantina di pagine il libro non mi ha già preso a gomitate rimane lì dov’è. Cerchiamo più che altro libri che non dicano niente di assurdo ma che lo dicano da punti di vista che non ci sembra siano ancora stati presi in considerazione» ha affermato Sara. Ponendo l’attenzione sulla letteratura consolatoria, invece, si è dibattuto sul modo di descrivere la provincia americana di oggi. Partendo dal tipo di narrazione di questi tempi la provincia americana sembra essere descritta come un posto dove tutti vanno d’accordo, si è tutti amici, un posto, in qualche modo, confortante. Non è così. Come da giovani, del resto, «[…] non si sta bene in provincia, è una scelta stare in provincia. In generale per me l’arte non può essere consolatoria per definizione, se è così non me faccio niente».

L’ultimo punto trattato, come da tradizione, è stato la copertina. Perché noi, al Club, prima di iniziare a leggere, osserviamo la copertina e cerchiamo di interpretarne il senso, oltre a fare una prima stima sul grado di apprezzamento della grafica. Non potevamo, quindi, non chiedere a Sara e Leonardo il lavoro di progettazione della copertina del libro “L’ospite d’onore” di Joy Williams. La risposta di Sara, dunque, è stata questa: «La copertina è la prima cosa che vede una persona, mi fa molto arrabbiare quando compro un libro, lo leggo e trovo che la copertina non solo non c’entra niente ma è anche fuorviante o banalizzante. […] In questo caso volevo che ci fosse un animale perché in questa raccolta di animali ce ne sono tanti, soprattutto i cani. […] Così abbiamo pensato ad un uccello, che potenzialmente può librarsi per raggiungere grandi altezze, ma la cosa più importante è che in questa copertina l’uccello traspare, le sbarre non sono davanti. Quindi è una gabbia che creiamo noi. È anche l’ingabbiamento della natura».

Un Venerdì d’autore, in conclusione, entusiasmante ed arricchente. Abbiamo letto alcuni brani tratti dalla raccolta – un grazie a Emy e Debora per essersi prestate alla lettura! – e bevuto vino dalla cantina Aldegheri e mangiucchiato pasticcini dalla Pasticceria La Dolce Linea. Bello, no?

 

Al prossimo Venerdì d’autore… O meglio, vi aspettiamo il 9 Aprile con la prossima edizione di lettura!

Un Rilassati e Leggi! a tutti!

Serena Mazzurana