Venerdì 24 novembre abbiamo incontrato in Villa Bassani a Sant’Ambrogio di Valpolicella Lidia Ravera, autrice del libro Il terzo tempo, edito da Bompiani.
La serata è stata introdotta da Roberta Cattano, Presidente del Club delle Accanite Lettrici e Accaniti Lettori e dell’Associazione Botta&Risposta, che ha presentato l’autrice al pubblico. Assieme a Lidia Ravera ospite al Venerdì d’Autore anche Beatrice Masini – già presente all’evento della precedente edizione con il romanzo I nomi che diamo alle cose edito da Bompiani, che ha dialogato con l’autrice attraverso alcune frasi e parole che richiamavano l’attenzione al libro.
Si è partiti con la parola tempo, con Vecchiaia. Istruzioni per l’uso. È emersa la vocazione pedagogica dell’autrice, come poi affermerà lei stessa, che l’ha sempre in qualche modo portata a interrogarsi su come affrontare quel periodo della vita che fa paura a molti, che segna inevitabilmente un punto di svolta o l’inizio della fine. «Mi ha sempre terrorizzata fin dai dodici anni, invece ho scoperto che non è poi così malvagio. Penso di aver capito come surfare sulle onde della vecchiaia senza farsi sbattere contro gli scogli, senza farsi risucchiare dalla marea.» E la sua vocazione nasce proprio da lì, nasce dalla voglia e in qualche modo anche dalla necessità di dover condividere con gli altri qualcosa che è riuscita a capire bene. Il tempo è deviante e richiede impegno, anche per non perdere se stessi. Non è qualcosa da cui scappare ma qualcosa insieme a cui imparare a correre. Invecchiare bene, invecchiare male. La cosa importante è che invecchiare è inevitabile e noi abbiamo due possibilità: accettarne i cambiamenti e surfare sulle onde del tempo oppure rimanere a riva.
Così farà anche Costanza, la protagonista del romanzo, che se pur con qualche discussione e ostinazione su quanto l’invecchiare porti inevitabilmente a dei cambiamenti, accetta la condizione nella quale si trova e cerca di tirarne fuori il meglio che può, con quel che può. Una dimostrazione tangibile lo è il convento che cerca di risanare a luogo in cui riunire i compagni di una volta, gli adolescenti di una volta, un posto in cui “invecchiare bene”, in cui sognare una “seconda adolescenza”.
Nel romanzo si ritrovano alcuni luoghi evocativi molto importanti, come Civita di Bagnoregio, luogo in cui si trova il convento, e con cui l’autrice è venuta a contatto durante il suo lavoro da Assessore nella regione Lazio. Luoghi che spesso invocano l’ambientazione di un romanzo anche semplicemente a prima vista, come nel caso di questa storia. «Entri in un luogo così e hai il senso della bellezza della fine. Questi luoghi simbolici aiutano molto in un romanzo. Quindi ho pensato che se Costanza avesse visto un luogo così avrebbe capito che gli antichi compagni degli anni ’70 andavano bene messi lì.»
Non solo “vecchiaia”, ma anche confronto con la giovinezza. Non a caso, infatti, troviamo personaggi come Chelsie, che con il figlio entrano a far parte della vita di Costanza. Costanza non teme il confronto, non è invidiosa e non pretende di insegnare nulla ai giovani. «Quando vede Chelsie con il bambino prova una sincera ammirazione […]. Io sono contraria alla chirurgia estetica», afferma l’autrice. «I cliché sulla vecchiaia sono il motivo per cui passiamo tutta la vita ad avere paura della vecchiaia e, quando ci vediamo vecchi, abbiamo paura di noi stessi».
Un altro dei punti affrontati nel corso della serata è stato poi quello della copertina. Anche noi, durante le serate di lettura, ci soffermiamo per parlarne ed analizzarne le emozioni che trasmette. Sapere poi come nasce è, in qualche modo, una nuova storia da ascoltare. E in questo caso è accaduto in modo del tutto casuale, sfogliando semplicemente una rivista. La copertina, in questo caso, è nata da un dettaglio, una semplice foglia secca che rimane intatta conservando i segni di un tempo che non si arrende al suo scorrere.
Nel romanzo sono anche presenti alcune figure maschili tra cui Dom, l’ex marito di Costanza, e Matteo, suo figlio. Dom sarà poi fondamentale per la crescita della nuova Costanza, con la convinzione che nella vita si può anche non smettere mai di crescere. Infatti, «Uno pensa che quando invecchia ha cambiato verbo e invece io penso che i due verbi possano coesistere. Si può crescere invecchiando, si può crescere da vecchi, così come si può anche non crescere da giovani. […] E poi ci sono quelli che crescono fin quando hanno un piede nella fossa perché ogni giorno imparano una cosa nuova, perché ogni giorno lavorano su di sé e ottengono qualcosa di più».
Si è parlato poi di figli, di maternità, sottolineando l’importanza dell’inizio come qualcosa di entusiasmante, così come lo è stato anche per l’autrice. Avere figli che fanno libri significa avere la letteratura come punto d’incontro. Lidia Ravera, infatti, ha poi scherzato dicendo: «Io ho letto da piccola Beauvoir che diceva “le donne si dividono in donne che fanno figli e donne che fanno libri”, quindi mi aspettavo di non fare figli perché comunque i libri io li volevo fare fin da piccola. Poi quando mio figlio è diventato scrittore ho capito che avevo risolto questo conflitto».
Anche la stesura stessa del romanzo richiede tempo. Il tempo, qui, vuole la sua parte. Un tempo che si divide a metà: la prima parte, forse quella più difficile, quella che prevede l’inizio – con una scaletta che la maggior parte delle volte viene gettata via – e la seconda parte, che invece si scrive da sola, quando ormai tutti i personaggi sono stati delineati e le storie intrecciate per bene. «Mi piace scrivere dei libri che servono a qualcosa» afferma l‘autrice. «Faccio ridere, faccio piangere, faccio rispecchiare nei miei personaggi». E forse è proprio a questo che serve il romanzo: a capire che il tempo non è una prigione nella quale incastrarsi una vota arrivati al “terzo tempo” ma un andare incontro ai cambiamenti senza drammatizzarli.
Per citare il romanzo, appunto: “Quando si è giovani, si è giovani più o meno tutti nello stesso modo. Vecchi, se si resta in vita abbastanza, lo si diventa ognuno a modo suo”.
La serata si è poi concluso con un piccolo buffet di dolci della Pasticceria “La Dolce Linea” e una degustazione di vini della cantina Albino Armani.
Un ringraziamento particolare va a tutti gli amici che ci sostengono e credono nel nostro progetto di lettura ad alta voce.
Vogliamo poi ringraziare anche la nostra Accanita Lettrice Sandra Ceriani che, nel corso della serata, ha dato voce alle parole del libro.
Un Rilassati e leggi! a tutti!
Serena Mazzurana